venerdì 17 novembre 2023

Sciopero [πολιτική]

 

Oggi ho scioperato

Ritengo questo che stiamo vivendo un momento importante della storia italiana nel contesto di una più ampia ridefinizione di concetti come capitalismo e democrazia. E ben ha fatto Pellizzetti a sottolineare che ogni svolta “a destra” (utilizzo la categoria per intenderci subito, dovrei declinarla), è sempre annunziata dall’attacco ai diritti del lavoro. Le esternazioni di Salvini e i titoli dei giornali vicini al governo vanno presi sul serio, malgrado possano apparirci delle smargiassate. Nascondono, se viste in filigrana, “lo” scontro del nostro tempo. Scontro di “classe” (anche qui utilizzo una categoria che andrebbe specificata, declinata, risemantizzata: la ricerca di parole nuove per dire il nostro tempo è parte decisiva del lavoro che stiamo facendo e dovremo fare, il cantiere è aperto e confuso).

Come scrive Carlo Galli nel suo ultimo, splendido libro, assistiamo, dopo decenni di “spoliticizzazione” (la presunta “fine della storia”, la globalizzazione come pacificazione del mondo attraverso il commercio universale), ad una ripoliticizzazione che rimette al centro i conflitti (dentro gli Stati e tra gli Stati). Come sempre, leggendo sempre insieme storia del mondo e storia personale, ne prendo atto. Inizia una fase nuova, dopo il tentativo “populista”, di cui sono stato partecipe e questo blog testimonia, soprattutto negli anni tra il 2015 e il 2018. Ed è finito con una sconfitta. L’intervista a Grillo, al di là della piccolezza umana del personaggio (in relazione alla tristissima vicenda del figlio che tristissima rimane quand’anche dovesse essere assolto dalle accuse di stupro), ne è certificazione (se ce ne fosse stato bisogno), almeno per la vicenda italiana. 

Personalmente, ritengo doveroso, per il futuro, armarmi di realismo, nel contempo (sottilissima la cruna) esercitando la critica di ciò che è ma anche indicando una direzione diversa. Mi pare che dal punto di vista teorico si stia, finalmente, delineando un arcipelago di teorie, libri, autrici e autori che si sforzano di tenere insieme cose per per lungo periodo sono state separate, spesso confliggenti. Bisogna continuare ad affiancare una teoria nuova, che conservi il meglio delle tradizioni di lotta e trasformazione del mondo dei secoli scorsi, soprattutto il XIX e il XX, a prassi nuove, la cui ambizione non sia “il mondo nuovo” ma sempre maggiore libertà, sempre maggiore giustizia, in un’ottica plurale che renda complementari le rivendicazioni degli oppressi di ogni tipo (e di ogni specie), consapevole della responsabilità dell’uomo nei confronti della realtà naturale, nel definitivo superamento del dualismo di matrice cartesiana che, insieme alla creazione dell’individuo, è la base teorica della modernità (e del capitalismo liberale). Ed è per questo, come hanno ripetuto spesso Laclau e la Mouffe, non bisogna pensare a paradigmi unici ma a percorsi anche assai diversi tra loro e profondamente radicati nella storia dei propri paesi, delle proprie comunità di appartenenza. Il rischio più grande da cui guardarsi (ecco l’appello al realismo) è quello della tabula rasa. Sogno meraviglioso che ha prodotto spesso e volentieri incubi della storia. Lo dirò con le parole (belle) di una figura discutibile del secolo scorso: «Fai quello che puoi con quello che hai, nel posto in cui sei».




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