Nel
2001 ero un lavoratore precario della conoscenza. Sopravvivevo con lezioni
private (spesso a domicilio), contratti da Co.Co.Co in strutture private (come
il CEPU). Partecipavo attivamente alla vita politica della città. Ero stato
militante di Rifondazione Comunista, uscendone (con Pierino Mancini) quando la
giunta Bassolino accettò nella maggioranza l’UDEUR di Clemente Mastella. Pur di
una diversa generazione, sentivo vicine le rivendicazioni del neonato Centro
Sociale “Depistaggio”. A Benevento quell’anno si sarebbe votato. Si veniva da
una lunga stagione “destrorsa”, con due sindacature Viespoli (a partire dal
1993 e peraltro da me votato nel ballottaggio con il candidato mastelliano illo tempore). Fui contattato da
Gabriele Corona. In una lunga passeggiata mi illustrò la possibilità di una lista
civica, con l’appoggio di Rifondazione Comunista (allora guidata a livello
provinciale da Gianluca Aceto) e del Centro Sociale. Iniziammo a lavorarci.
Quando si arrivò alla dead-line per la presentazione delle liste si scoprì che
Corona aveva equivocato: Depistaggio, il cui leader "carismatico" era allora
Alessio Fragnito (che ancora non aveva scoperto di essere discendente dei
Longobardi), non aveva alcuna intenzione di impegnarsi in politica, rimanendo
fedele alla sua storia. Che fare? Mollare tutto o provarci comunque? Corona, la
cui strategia aveva mostrato quanto sia controproducente illudersi che si possa
decidere sulla testa della gente, bypassando il coinvolgimento e la costruzione
di reti partecipate, non sapeva che pesci prendere. Mi imbarcai in un’impresa
ardua: costruire una lista, con il solo supporto di RC, e raccogliere le firme.
Ci riuscii, supportato da una rete amicale (in particolare Maria Domenica
Savoia che ci mise a disposizione la sede del Canzoniere della Ritta e della
Manca). Si presentarono ben sette candidati Sindaci: oltre me, Sandro D’Alessandro
per un centrodestra compatto, Pasquale Grimaldi per un centrosinistra che all’epoca
governava la Rocca, Umberto Del Basso De Caro in rotta con il centrosinistra in
una prova di forza, Gennaro Santamaria con un improbabile movimento neonato
facente capo a D’Antoni, Giuseppe De Lorenzo e Orlando Vella (per la Lista Di
Pietro). Alla fine uscì una lista amical-rifondarola, con il minimo dei
candidati e molti “compagni” di provincia, infilati solo per fare numero. Vano
era stato il tentativo di convincere persone di cui avevo grande stima. Tra
queste un militante dei Democratici di Sinistra, della sua sinistra, insieme ad Antonio Romano. Si
chiamava Antonio Medici. Chi sia curioso su come andò a finire può leggere i
dati qui. Io, dopo un litigio abbastanza duro con Corona, mi ritirai a vita privata,
malgrado il discreto risultato personale. Quello fu un anno di grazia a livello
familiare: la fine della precarietà lavorativa e la nuova casa mi avrebbero
risarcito della delusione politica.
Nel
2006 si rivotò in città. Ero davvero altrove con la testa a causa della mia
paternità oramai inattesa e tardiva. Seguii pochissimo le vicende politiche.
Votai quasi naturalmente contro la destra per un centrosinistra unito che
andava dal Centro sociale a Mastella. Vinse Fausto Pepe, uomo dell’entourage
mastelliano. Ne nacque una diatriba interna alla maggioranza sull’attribuzione
degli assessorati. Corona fece passare il principio che non contavano i voti
presi e le liste presentate, almeno per la componente di sinistra dell’alleanza.
Il candidato naturale all’Assessorato, Alessio Fragnito, fu scavalcato da Antonio
Medici, che si era avvicinato a Rifondazione Comunista (guidata da Giuseppe
Addabbo), proposto da Corona, che aveva contribuito alla redazione del
Programma di Pepe. Antonio divenne Assessore al Lavoro e alla Formazione.
Nel
gennaio 2008 si abbatté sull’UDEUR una tempesta giudiziaria (che a breve
dovrebbe avere il suo epilogo). Rifondazione decise di ritirare il proprio
Assessore dalla giunta a guida UDEUR.
Nel
2009 nacque Palazzo di Città, associazione promossa da Francesca Maio, Luigi Mastromarino, Antonio
Medici, Maria Elena Napodano e Gaetano Pilla, «slegata da partiti politici, e
nata con lo scopo di diffondere le esperienze di buone pratiche di governo
locale». Io ero nel pieno
esercizio della mia paternità: unici svaghi (domestici) l’Inter e il riordino
delle carte sparse che sarebbero divenute il mio primo libro. Sul blog
(iniziato nel 2008) avevo trasfuso la delusione e la disillusione politica per
una sinistra senza popolo, tutta dentro logiche di piccole oligarchie di
michelsiana memoria. Ma mi sentivo saldamente uomo di sinistra.
Nel 2011 si tornò al voto. Avevo ripreso
ad annusare quanto accadeva in città. Intervenivo talvolta con note che
venivano gentilmente pubblicate. Seppi che intorno ad Antonio Medici, con la
sponsorizzazione di Gabriele Corona, si stava creando la possibilità di una
lista da opporre alla ricandidatura di Fausto Pepe, che aveva rotto con il suo
mentore, rifiutando di dimettersi nel 2008 e aveva proseguito con un manipolo
di ex mastelliani a lui fedeli la sua avventura. Partecipai con entusiasmo all’esperienza
di “Ora”, pur non potendomi candidare. Vi confluivano quelle che consideravo le
parti migliori della città: giovani senza dimora politica stabile, l’esperienza
di «Altrabenevento», il movimento grillino il cui primo nucleo era nato in
città nel 2007. Come la mia esperienza di “Città Aperta” si trattava,
evidentemente di una testimonianza. Ma sarebbe stata buona cosa, pensavo,
mandare una persona capace come Antonio in Consiglio comunale, a fare da
terminale a quanto accadeva di buono nel territorio. Mi spesi molto,
soprattutto dalla tastiera, rimanendo fedele ai doveri domestici.
La lista,
come nel 2001, era però estremamente fragile elettoralmente. Rivinse Fausto Pepe contro un accozzaglia senza senso (il PIT) che riuniva tre grandi "vecchi" (Mastella, Viespoli e Nardone).
Si pensò di far
diventare “Ora” un laboratorio politico. Durò pochissimo. Ci fu una fragorosa rottura tra le sue componenti “pilota”, di cui c’è traccia in rete. Negli anni
successivi in me tornò il prepotente bisogno di impegno. Incrociai l’esperienza
di “Alba”. Bruciai con “Cambiare si può” l’ultima illusione di una sinistra non
oligarchica e capace di rinnovarsi. Nel 2012 decisi di entrare nel MoVimento 5Stelle, iniziando a frequentare il Meetup "Grilli Sanniti" nel 2013. In punta di piedi, cercando di capire dall’interno. Ciò che è accaduto
dopo è storia recente. Inutile raccontarla.
Perché tutto questo? Chi se ne fotte,
direbbe il mio ex alunno “Pierino” Mastrogiacomo? Avevo promesso ad Antonio
Medici una riflessione su come storie che si sono incrociate, talvolta
giustapposte in anni non lontani, possano poi prendere strade opposte. Antonio,
per il quale conservo inalterata stima (non solo per la generosità della
persona), è diventato un laudator del renzismo, che vede come rinnovamento
della sinistra italiana verso una modernizzazione sempre rinviata. A Benevento
è stato tra i social influencer che più si sono spesi per Clemente Mastella.
Nel giro di pochi anni, dunque, la composita galassia che aveva dato vita ad “Ora”
è esplosa nelle più varie direzioni: il candidato Sindaco per Mastella, alcuni
con la lista testimoniale di Federica De Nigris, altri nella lista del M5S. L’equivoco
era in “Ora” o c’è stata una faglia nella storia politica italiana che
giustifica questa diaspora contraddittoria? Esistono moventi originari dell'agire politico cui si rimane fedeli malgrado le diverse incarnazioni che diamo a tale movente negli anni? O alcuni di noi hanno abbandonato gli ideali originari?
Antonio ora ha avuto un importante
incarico nella giunta di centrodestra guidata da Clemente Mastella, avversario nel 2011. Sono contento per la città. Ma voglio ostinatamente cercare di capire cosa sia successo in tutti noi in questi anni. Non per decidere torto e ragione, ché non potrebbe esserci trattandosi di scelte. Solo per capire.