Fa sempre piacere ricevere per posta il libro di un amico. Perché nell’aprire il plico e prenderlo tra le mani te lo immagini, dopo aver scritto la dedica e imbustarlo, nel tragitto che ha fatto per andare alla posta. Lungo o breve che sia, questo tragitto, inesistente in tutte le comunicazioni virtuali, rivela un impegno: tenere fede a una promessa. Te lo spedirò. In questa promessa c’è il dono, la condivisione e quindi l’amicizia. E più il piacere di poter immaginare l’arrivo a destinazione del proprio frutto. E prima ancora il viaggio. Non c’è cosa più bella e più crudele dei libri spediti che si perdono. Più bella perché non sai mai in che mani potranno finire e più crudele per il rischio di rimanere nell’oblio, come militari dispersi in guerra. La poesia è fatta di parole che viaggiano nei modi più insoliti, come semi mangiati in un campo da un uccello e defecati in un altro molto distante. O portati dal vento. In questo movimento dal familiare, all’estraneo c’è già tanta poesia. E nella tua poesia ci sono entrambi: la tradizione poetica da cui proveniamo e i campi nuovi su cui fare un orto anche solo per la breve durata di una stagione. Senza provare nostalgia quando poi arriva il momento di separarcene. Poesia e nomadismo anche solo mentale. Un po’ meno l’ho trovato questo movimento in quelle di carattere più religioso. In questo senso concordo con le parole di Franco Arminio, garbate e nello stesso tempo precise. L’invito è allora a continuare a dialogare con il vento, il mulo, le fioriture precoci, i torpori terrosi…
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Antonio Carbone è nato a Benevento nel 1963.
Ha lavorato per i canali Mediaset, Rai Sat, Rai Educational, Kataweb.
Ha scritto due romanzi: È acqua di sole e Il seme (Cadmo).
Ha cominciato a fotografare dall’età di 15 anni e tranne rari momenti non ha mai interrotto.
Nel frattempo è diventato padre.