Il fumetto, pubblicato tra il 1986 e il 1987, che noi
leggemmo su uno spillato allegato a «Corto Maltese» una paio di anni dopo, in una feroce ucronia - che ribaltava tutti gli stereotipi
supereroistici – metteva in scena le paure legate alla “guerra fredda” e alla
minaccia del conflitto nucleare (nel 1983 era uscito il mediocre filmicamente
ma shoccante The day after).
Lindelof, immaginando un 2019 ucronico (in cui Robert
Redford è il Presidente degli Stati Uniti), accanto ad alcuni protagonisti
invecchiati (male!) del fumetto, inventa nuovi personaggi, collocandoli al
centro della storia che si snoda intorno ad una cospirazione “suprematista”. La
sesta puntata della miniserie, incentrata sulla figura chiave di “Giustizia
Mascherata”, vigilante “nero”, costretto a dissimulare la sua identità
(razziale e sessuale) è un capolavoro assoluto che disvela l’ipocrisia su cui
la società americana si regge e che finisce col riprodurre, proprio perché non vuole vederli, i medesimi orrori,
con un ciclicità impressionante.
La scelta di Lindelof relativa al Dottor Manhattan
rappresenta l’emergere di una “cattiva coscienza” che sente il bisogno
(positivo e ammirevole, sia chiaro!) da parte dei bianchi di risarcire “il lato
oscuro” della loro patria.
L’invito fervente, dunque, è a rivedere questo capolavoro o
a vederlo per chi l’avesse perduto. La minaccia vera è certo costituita anche
da una tecnoscienza priva d’anima che gioca a fare dell’uomo Dio, ma
soprattutto è in una male antico, lo stesso che portò alla strage di Tulsa, e che
spinge i riveriti tutori della legge a nascondere in comparti segreti dei loro
armadi le tuniche del KKK…
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