mercoledì 18 giugno 2025

Soglia

 


Questo blog nacque nel 2008, in un momento di profondo sconforto politico. Basti rivedere qual era l’argomento che mi spinse in qualche modo a trovare un canale di comunicazione. Bisogna ricordarsele certe cose, altrimenti rischiamo anacronismi: all’epoca c’erano mezzi convenzionali e si iniziavano a diffondere i “social”. Quasi contestualmente, infatti, mi iscrissi a Facebook che, fino al 2018, quindi per un decennio, è stato strumento molto utilizzato da me come insegnante, come politico (pro tempore). Un amico mi definì addirittura un “influencer”. Che offesa, a ripensarci… 

Molti anni sono passati, grandi trasformazioni fuori e dentro. 

Mi chiedo se ha un senso questo blog giurassico, così rudimentale e povero, sia nei contenuti che nella forma esteriore, in un tempo che reclama ben altro. Più volte ho avuto tentazione di un restyling (nell’aborrita lingua barbara che ancora va per la maggiore). Fino ad ora non ho trovato stimoli sufficienti a tradurre in atto tale proposito. 

Scrivo, senza sapere precisamente a chi, non avendo mai tentato di creare una “comunità” di lettori fedeli, essendo stata sempre la mia scrittura rapsodica e lunatica, mai sistematica. E scrivo perché percepisco un mutamento in atto che merita comunque di lasciar traccia, se non altro per me, che da sempre ho l’ossessione delle periodizzazioni, dei mutamenti di fase, personali e storici. 

Da qualche mese mi sono dimesso da ogni ruolo che ricoprivo nella mia scuola. Non mi riconosco più nelle scelte, negli stili. Mi pareva giusto un passo indietro. Mi si è liberata una quantità incredibile di tempo, di energia fisica e mentale, che si è riversata immediatamente sulla scrittura. Da gennaio sto scrivendo, colonizzando ampie zone delle giornate prima dedicate, appunto, alla scuola. Cosa scrivo? Qui la novità per me decisiva. È vero che alcuni anni fa ho scritto un romanzo, nato proprio sulle pagine di questo blog, ancora in attesa di pubblicazione, e a cui sono assai affezionato. Ma mi pareva una sorta di unicum, in una attività di scrittore che veniva praticata negli interstizi delle altre occupazioni principali. Ora, invece, si è fatta prepotente l’esigenza di raccontare storie, come se fossero stipate dentro di me in attesa di venir fuori. Anche per questo sono grato a chi (si chiama eterogenesi dei fini), spingendomi a liberarmi dagli impegni scolastici, ha permesso alle storie di farsi raccontare, a me di scoprire il piacere, oserei dire fisico, di raccontarle. Quando questo fiume in piena si placherà, dovrà iniziare una rigorosa riflessione sul senso dello scrivere storie oggi. Ma, appunto, c’è tempo. Ora mi godo questa fase, con i suoi eccessi, i suoi deliri, che sono tipici della mia personalità, anche a sessant’anni. Io sono, nel senso etimologico, un entusiasta e un melanconico. 

Ah, dimenticavo! A novembre, se Dio vuole, dovrebbe uscire il mio primo romanzo (e l'immagine che accompagna questo post è come con l'A.I. ho immaginato il protagonista). Che non sarà il primogenito, bensì un romanzo storico nato rapinosamente tra aprile e maggio in settimane di scontro furibondo e gioioso con la pagina bianca dello schermo. 

Nel contempo, percepisco esaurita una fase lunghissima della mia poesia. Non so se smetterò di scrivere versi. Io credo che la poesia (e ne ho scritto spesso) sia uno sguardo sul reale. Quindi, se si è poeti, non si può cessare di esserlo. Ma sono certo che, se scriverò, lo farò in maniera diversa. Anche per questo considero l’opera che uscirà a settembre (sì, due libri in un anno…) un sigillo, che chiude quanto iniziato con Per aspera nel 2013.

Il mondo è in fiamme. Forse una guerra catastrofica alle porte per l’umanità. Nulla è sicuro, ma scrivi.


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