Ho sempre guardato con stupore agli autori (poeti,
romanzieri, filosofi) capaci di scrivere migliaia di pagine. Io non ne sono
capace. La mia è sempre (sia in prosa sia in poesia) una scrittura “d’occasione”
(che nulla ha a che fare con l’ispirazione). Per questo, a 55 anni, malgrado i
primi esperimenti di scrittura “creativa” siano abbastanza precoci, ho
partorito due piccoli libri in versi e due raccolte di saggi e articoli. E Pensiero in sorgente, appena pubblicato
e che non ho neanche il coraggio di sfogliare, per paura di trovarvi refusi e
clamorosi errori (anche concettuali), esce, complice la pandemia, giusto a
dieci anni da In quieta ricerca.
Mi piacerebbe discuterne in pubblico. Se Dio vuole, si
inizierà ad aprile.
Il libro è dedicato all’amico con cui ho vissuto un pezzo di
vita decisivo, condividendo tutto, in un rapporto “assoluto”. Abbiamo, con
Luca, scoperto il mondo insieme. E insieme abbiamo forgiato gli strumenti
intellettuali con i quali lo avremo interpretato.
Malgrado la lontananza (Luca insegna a Potenza e lì vive
oramai da molti anni), soprattutto in questo periodo delle nostre vite, lo
sento vicino come non mai.
Credo che l’amicizia sia una delle cose per cui la vita sia
degna d’essere vissuta. Soprattutto le amicizie fedeli nel tempo, soprattutto
in un tempo (reo!) “liquido” che pare rapinosamente portare via tutto con sé
Ma tutto questo cosa mai avrà a che fare con il pensiero di
cui parla il titolo del libro? Chi lo leggerà vi troverà (con tutte le
contraddizioni possibili anche clamorose) l’aspirazione ad un pensiero
incarnato. E la scelta della parola non è casuale. Martin Heidegger (proprio
una di queste lampanti contraddizioni!) in uno scritto della sua vecchiaia
auspicava l’avvento di un pensiero che trascendesse la “filosofia”. E, dunque,
come potrebbe l’amicizia fedele non essere parte integrante di un progetto che
è di pensiero in quanto è di vita nella sua interezza? Io penso nell’amicizia
di Luca (e di Stefano e di Tullio e di tanti altri). Io penso nell’amore di e
per mia figlia e mia moglie. Io penso nella mia quotidianità fatta del lavoro
scolastico, delle incombenze prosaiche, delle preoccupazioni. Non un pensiero “aereo”,
al contrario. E, dunque, penso meglio se sono nell’amicizia e nell’amore, nella
relazione e negli affanni operosi dei giorni. Per questo ogni mio libro sarà prima
di tutto un modo per rendere la mia vita migliore, più amicale, più amorosa,
più relazionale. E di questo, dunque, ringrazio Luca e l’“altro” da me che mi
costringe (dolce/mente) ad uscire fuori dal mio ego perché accada… un incontro.
2 commenti:
Come sempre, amico mio, tocchi la parte migliore di me, quella che vibra alle parole, alle immagini che susciti, al cuore. Non la mente, oggi più che mai disperata e silente, ma il corpo, strumento vivo dell'incontro, anche quello mancato nel quotidiano eppure vivo e presente ogni giorno.
In questi tempi liquidi e indefinibili la consapevolezza che ciò che abbiamo condiviso ci darà ancora forza reciproca e ci sosterrà per sempre è la ragione stessa della nostra amicizia. Non riesco a immaginare, d'altra parte, una vita senza un “contraddittorio“ polemico, sia pure sempre meno frequente, con il mio Nicco, compagno antagonista e credente, calciatore improbabile e impenitente, seminatore di dubbi e fonte inesauribile di certezze. Sono passati tantissimi anni dal nostro primo, fortuito, incontro nell'Aula Magna della Sapienza a una lezione del Prof Giovanni D'Anna sulla concezione dell'amore in Virgilio che ricordo come fosse ieri. Anni formidabili, di tormenti e di crescita tumultosa, con i consigli affettuosissimi e materni della signora Caterina o le prediche paternalistiche del signor Puccio che riecheggiano dentro di me vivissime, i film d'essai al Cinema Tibur e le rassegne su Andrej Tarkovskij al Teatro De Lollis. E poi San Lorenzo e la pizza al taglio di Viale Ippocrate in alternativa alle file chilometriche alla mensa dei Cattolici Popolari. Pasolini e i miei nonni "ultimi veri uomini". Rosaria, Rita, fidanzata irrequieta e impossibile, le attese e le ambizioni di quegli anni tempestosi e bellissimi. Non è un caso che non ci siamo persi per strada e sono certo che non capiterà ormai più. Lunga vita a tutti noi, caro Nicola. Siamo quello che siamo, ma corpi disabitati no. E direi che può già essere un buon punto di (ri)partenza.
Posta un commento