«Carissimo Nicola,
I Russi morirono per liberare il loro paese e contrastare la ferocia tedesca, così come gli Ucraini oggi stanno morendo per difendere la loro patria dai barbari criminali Russi (e ti ricordo che i comunisti sovietici avevano stretto un famoso patto con i nazisti tedeschi: vittima ne fu la Polonia con il relativo carico di massacri, dunque non furono animati da nessun amore per la libertà se non la loro).
La nostra Italia la liberarono gli Alleati, tra tutti gli Americani, basta farsi un giro anche solo al sacrario militare di Nettuno ( in giro per l'Italia ce ne sono una quarantina).
Gli Americani a centinaia di migliaia morirono non per difendere il loro suolo, come i Russi, ma il nostro. La differenza è chiara ed è sostanziale, imprescindibile! E dovrebbe sempre far capire, sempre sempre , da che parte stare al di là di infatuazioni ideologiche che hanno una visione dello Stato basata su una concezione totalitaria del potere e della società.
Per nostra fortuna la Liberazione avvenne per mano degli Americani.
Nicola, lo sappiamo chi sono i "buoni" e chi sono i "cattivi".
Ti ricordo però che tanti "cattivi" dopo la liberazione si scoprirono "buoni" e ti risparmio l'elenco, sarebbe troppo lungo. E parlo solo di quelli più illustri. Sarà per questo che Togliatti, on accordo con altre forse politiche, non tutte (vedi gli azionisti) senza perdere tempo fece una bella amnistia per fascisti, così tanto per voltare pagina senza più stare a cianciare di resistenza, presunti primati morali ed altro: c'era da ricostruire l'Italia, rimetterla in piedi, sfamare milioni di persone, ricreare una identità di popolo. Da lì anche parti il boom economico, smettendo di covare rancori , odii.
Certo lo scontro c'era, ma costruttivo e con lo sguardo rivolto in avanti, al futuro per andare incontro ad un avvenire carico di speranze.
Oggi niente di tutto questo! Quali speranze nutriamo, quale idea di società e di Patria coltiviamo, quale futuro stiamo disegnando per i nostri figli?. A tutte le inefficienze e carenze del nostro sistema politico, economico, amministrativo, giudiziario, si aggiunge la stanca retorica sempre sull'antifascismo, sul fascismo di andata/ritorno, che continua di nuovo a bloccarci , a sclerotizzare il dibattito, a mummificarci. Non se ne può più.
A che serve ripetere che la costituzione è antifascista: come non potrebbe esserlo, nascendo dalla sue macerie? Dove è il grande messaggio, la novità?
La nostra costituzione è antifascista ed anticomunista. Per me tanto basta, però mi dispiace e mi preoccupa molto che molti si fermino al primo anti...e questo non rende ai miei poveri occhi credibili chi va celebrando i valori della nostra costituzione che è non solo democratica, ma anche e soprattutto LIBERALE, che niente ha a che fare con quelle di paesi tirannici e dittatoriali che tanto fascino esercitano su un volgo smarrito ed incerto !
Stimato e sincero Nicola, ad un certo punto scrivi che pure noi docenti diciamo sempre le stesse cose con le stesse parole.
Ebbene se così è allora questo è esattamente la morte dell'insegnamento, che dovrebbe essere sempre ricerca di parole, fonti, argomentazioni nuove ed originali; avventura dello spirito, desiderio di cose nuove. Abbandonare il certo (presunto) per l'incerto dovrebbe essere un imperativo categorico sempre e dappertutto, ma soprattutto a scuola e nelle università , altrimenti non ci sarebbe Ricerca.
Con amicizia» (Gianluigi Panarese)
* * *
Caro Gianluigi, prima di tutto sono lieto che tu abbia accolto il mio invito al dialogo su questioni vive della nostra convivenza civile, anche se ho l’impressione che tu abbia risposto solo marginalmente alle questione che sollevavo.
Sottolineavo “popolo russo” proprio per evitare l’equivoco di un elogio dello stalinismo che è quanto di più lontano dalla mia formazione. Lasciami dire, però, che la resistenza di quel popolo ha messo in crisi la perfetta macchina bellica nazista. In un esercizio di storia controfattuale: se Stalingrado fosse caduta, probabilmente i tedeschi avrebbero potuto spostare le loro armate in Europa. E forse le cose sarebbero andate diversamente. A Berlino giunsero quasi contestualmente le truppe anglo-americane e quelle russe. Per venire al presente, credo che dover scegliere una “parte”, soprattutto in questo momento, sia assai pericoloso. Non saprei cosa scegliere tra una Russia “neozarista” e un’America che vuole conservare egemonia planetaria, anche con guerre “delegate”. Mi piacerebbe una politica autonoma dell’Italia e dell’Unione Europea (se questa avesse un profilo realmente autonomo nelle relazioni internazionali).
Ma il mio rilievo parlava d’altro, sottolineava, cioè, che si festeggia il 25 aprile perché in quel giorno le bande partigiane furono chiamate all’insurrezione generale. Quella è una rifondazione di un’Italia tradita dalle sue classi dirigenti. Questo nulla toglie ai meriti dei liberatori. È che mi par di cogliere una sottovalutazione nelle tue parole del coraggio di donne e uomini italiani, molti dei quali pagarono con la vita la loro scelta, la “parte” per cui combattere.
Gli atti di fondazione sono importanti. Hai ragione a ricordare l’amnistia. Io credo sia stato un grave errore, un modo per non fare i conti con il ventennio fascista e per lasciare cellule malate nel corpo della nazione. E questo ha perpetuato un equivoco che ritorna nelle parole (sciagurate!) di personaggi come La Russa. Quella che tu continui a chiamare retorica antifascista è la constatazione che la nuova Italia nasceva dalla lotta di una minoranza (lo ripeto) contro la barbarie. E questo va ricordato e celebrato, per quanto i riti possano correre il rischio, appunto, della retorica.
Ti chiedi: «A che serve ripetere che la costituzione è antifascista: come non potrebbe esserlo, nascendo dalla sue macerie? Dove è il grande messaggio, la novità?» La novità è nel fatto, ad esempio, che la seconda carica dello Stato afferma che la parola “antifascismo” non si trova nella Costituzione. E mi pare novità non da poco. Primo Levi, a proposito dell’orrore di cui il fascismo fu quanto meno complice, scriveva: «Ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre». Il fascismo, proteiforme, e dunque in grado di ripresentarsi sotto spoglie nuove, può di nuovo sedurre e oscurare le coscienze. Per questo quel che a te appare monotono ripetersi di parole sempre uguali è un dovere. E qui rispondo all’ultima parte dei tuoi rilievi. Per me ripetere le stesse cose, come facciamo a scuola, è tutt’altro che negativo! Non è un segno di stanchezza, ma al contrario la fedeltà ad una missione di trasmissione. Luigi Pintor intitolò un suo bellissimo libriccino Servabo: «Può voler dire conserverò, terrò in serbo, terrò fede, o anche servirò, sarò utile». Questa è la missione degli educatori, ma anche di coloro che hanno deciso di raccogliere la fiaccola resistenziale dalle mani tremanti dei pochi superstiti affinché quel sogno (plurale!) di un’Italia libera e antifascista passi alle nuove generazioni.
E, chiudo, con un dissenso netto. Scrivi: «La nostra costituzione è antifascista ed anticomunista». No, caro Gianluigi. La nostra Costituzione è antifascista e basta. Ed è stata scritta con il decisivo contributo del Partito Comunista Italiano. Vengo dalla visione dell’ultimo film di Moretti, che è anche un’autocritica rispetto ad una vicenda complessa, i cui errori ed orrori da insegnante di storia (a partire dalla figura di Togliatti) enfatizzo con i miei allievi. Ma tutti i valori fondamentali che si trovano in quella carta sono parte integrante di una ideologia il cui scopo era la creazione di una democrazia autentica. Mettere sullo stesso piano l’ideologia fascista e quella comunista è un grave errore, che personalmente non smetterò di sottolineare (rinviandoti qui per chiarire la mia posizione).
Detto questo, mi preparo per andare a celebrare, come ogni anno, questo luminoso atto di fondazione, a sentire parole che a te paiono fruste, e che io trovo urgente ripetere, a costo di essere noiosi, ad ascoltare canti che mi collegano idealmente ad un manipolo di donne ed uomini cui debbo non solo (e non tanto) la mia libertà ma soprattutto l’orgoglio di potermi dire italiano.
Un caro saluto (partigiano!)
Nicola
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