domenica 27 maggio 2018

La quiete dopo la tempesta

«Come stai?» «Sereno». È anche vero che, ad esempio oggi, il mio corpo (che è sempre più profondo dei mio io cosciente) mi ha dato segnali di (in)sofferenza. Dunque nel profondo la “tempesta” c’è stata. Ho dovuto modificare lo stile di vita, le priorità, i pensieri degli ultimi due, che a loro volta si innestavano sui due di militanza attiva nel M5S. E poi le interviste, le polemiche social non aiutano ad archiviare questa stagione così importante della mia vita.
Si sono rigenerati spazi di silenzio, di ascolto, di relazione familiare, di lettura, di godimento di una Natura sempre madre, soprattutto in questa primavera che tanto ha tardato ad arrivare, ma finalmente è giunta con il suo fiorire d’erbe e rose.
Due cose però le voglio dire.
La prima ad alcuni amici. Mi hanno scritto in pubblico che, insomma, era meglio che stavo zitto, «la mia occasione» l’avevo avuta, basta chiacchiere. Dico, in amicizia, a costoro che la parola e la scrittura sono gli unici “arnesi” a mia disposizione. Continuerò ad usarli e tutti saranno liberi di non leggere o addirittura di eliminarmi dai propri contatti. Non me ne adonterò. Lo faccio anch’io quando trovo inutile interloquire con qualcuno. Io continuerò ad esercitare un pensiero che è sempre stato libero, anche quando si metteva al servizio di una causa condivisa. Continuerò ad esercitare un “pensiero divergente”, tanto più necessario al tempo del “pensiero unico” (qualunque sia la sua matrice). Spesso sarò frainteso. Lo metto in conto. È accaduto spesso anche in passato quanto, ad esempio, Giancristiano Desiderio mi accusava di essere inconsapevolmente uomo di destra. È il mio destino. Oramai devo farmene una ragione.
La seconda, pare difficile da capire. Uscire dal Movimento 5 Stelle non significa rinnegarne la “visione” del mondo, che trovo tutt’ora condivisibile quasi integralmente, né tanto meno “ritornare” alle mie origini politiche. Quand’anche lo volessi fare (e non lo voglio) troverei una cittadella semidiroccata, che i suoi stessi abitanti devono abbandonare per sopravvivere. E dunque? Considero prioritario studiare e capire questo tempo a livello planetario, europeo ed italiano. Però devo anche continuare, con strumenti da creare, a capire la mia comunità (e questo mi mancherà dolorosamente del consigliere comunale). La semidiroccata “sinistra” italiana ha perso di vista la realtà, si è rifugiata in una “ideologia” cieca anche perché non abita più comunità e territorio. Esiste una formula per quello che auspico? Un populismo eco-comunitario: attento all’ambiente, alla giustizia sociale, alla democrazia partecipata (e digitale). La difficoltà, come sempre, sarà costruire questa nuova casa mentre la storia procede, non in vitro o partendo da sedicenti “classi dirigenti” senza popolo ma da bisogni reali, senza avere paura del tempo che ci vorrà ma anche sapendone l’urgenza. Soprattutto senza cercare facili scorciatoie. 

P.S.
Voglio ringraziare qui alcune persone che mi sono state particolarmente vicine in queste settimane "difficili": Vittoria Falvella, Antonello Rapuano, Angelo Varricchio, Paolo Parrella e Domenico Porcaro. Tutti sono stati un «riparo sotto l'albero».

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