sabato 31 dicembre 2016

La rivoluzione gentile 7 (Primo semestre)


 Il ritorno alla politica attiva

Quando ho deciso di tornare alla politica attiva (dopo il “laboratorio” costituito da ALBA) l’ho fatto spinto dall’urgenza di un tempo che vedevo di crisi strutturale (della politica stessa, dell’economia, della società).
Gettatomi a capofitto nella nuova e per me inedita esperienza del Movimento 5 Stelle ho dovuto imparare un linguaggio completamente nuovo e rivedere molte delle categorie elaborate nel corso degli anni per decifrare il mondo.
Calatomi, malgrado la mia vocazione “teorica”, nel concreto della vita cittadina, anch’essa caratterizzata dalla triplice crisi (politica, economica e sociale), ho accettato il cimento delle elezioni locali, ritrovandomi nella sala consiliare di Palazzo Mosti, insieme a Marianna Farese.
  

 Cosa ho scoperto in questi mesi

Il bilancio di questi sei mesi l’abbiamo redatto insieme nei giorni scorsi. Mi pare positivo, ma sta ai nostri esigenti elettori (che vorrei più “attivi” secondo lo spirito del Movimento) stabilirlo.
Quale l’impressione complessiva di questo mondo che conoscevo solo dalle cronache giornalistiche?
Provo a schematizzarle dando a ciascuna un titolo.

1.     Paradosso

Il consigliere più preparato è Fausto Pepe. Tra lui e tutti gli altri c’è un distanza difficilmente colmabile sia rispetto alla conoscenza della vita amministrativa e delle norme sia rispetto al linguaggio. Il paradosso è che, da Sindaco, ha fatto scelte (o non scelte) che hanno gravemente danneggiato la città. Il dissesto non è imputabile interamente alla sua gestione, ma sicuramente le criticità che hanno portato a questa scelta obbligata potevano e dovevano essere affrontate prima con strumenti più rigorosi da quelli utilizzati e portati avanti.

2.     Soprese

Ci sono consiglieri con storie politiche e degli schieramenti più vari con i quali è naturale trovare convergenze sia di metodo che di merito su svariate questioni. Dal di fuori ero portato a vedere (e lo faccio ancora rispetto alla politica nazionale) il quadro in maniera manichea, in bianco e nero. Mi auguro che questo possa davvero giovare alla città. Se si riesce, nell’amministrazione di una città in crisi, a mettere insieme, senza trasformismi e accordi sottobanco ma in nome del bene comune, le energie migliori, si fa opera meritoria.

3.     Nihil novi sub sole

Il trasformismo, il politicismo, lo scambio, le ambizioni personali, gli interessi piccoli e grandi da tutelare... Insomma, tutto l’armamentario associato nell’immaginario popolare alla politica sono una realtà apparentemente immodificabile. È che in me la passione politica ha una scaturigine morale. Non solo non riesco ad immaginare che si possa lucrare sulla cosa pubblica, ma mi è difficile anche semplicemente credere che ci si possa impegnare nell’agone politico per motivi diversi da quelli ideali, per un’idea di città o di Stato o per la giustizia sociale. Non so se a quasi cinquant’anni questo sia ancora tollerabile in una persona o sia il retaggio dei miei ardori giovanili. In ogni caso, se dovesse venir meno questa componente perderei ogni stimolo all’azione e mi ritirerei a vita privata.
Non mi pare casuale che il momento più entusiasmante di questi mesi sia stato l'impegno contro la riforma Boschi-Renzi, in cui agivo con la percezione (talvolta ossessiva) di difendere un patrimonio di civiltà inestimabile in un momento decisivo per la storia del Paese.

Un bilancio personale

È difficile capire cosa spinga una persona alla politica. Hans Jonas vede il politico come incarnazione della “responsabilità”, una sorta di padre che sceglie di prendersi cura di qualcuno. Un’immagine bellissima e molto idealizzata.
Mia moglie sostiene che è la nuova incarnazione del mio bisogno di spendermi tutto in qualcosa, come in passato l’impegno letterario o filosofico. Amo ripetere che lei sarà il Pubblico Ministero nel giorno del mio giudizio... Ma devo fare i conti con il parere della persona con cui divido la vita dal 1984. Ci sarà probabilmente un fondo di verità in questa analisi.
Io spesso ho ripetuto a mia figlia che ho scelto di rimettermi in gioco per lei, perché mi vergognavo di consegnarle una città così degradata.
Qualche giorno fa ho rivisto La vita è meravigliosa, il film cardine della mia Bildung. Mi ha insegnato il valore di un altruismo (riluttante!). Soprattutto mi ha fatto capire sin dall’adolescenza che noi siamo da sempre in una rete di relazioni invisibili e che ogni nostro gesto ha immediata efficacia su questa rete, anche se noi non lo sapremo mai. Questa esperienza la faccio anche come educatore, talvolta avendo la fortuna di veder fiorire qualche seme lanciato in terreni fertili.

Non so, a pochi mesi dall’avvio di questa esperienza, come inciderà sulla mia vita. Una cara amica nel 2001, quando fui candidato Sindaco in una piccola lista, mi disse di lasciar perdere perché ne sarei uscito incattivito. L’augurio che faccio a me stesso nell’imminenza del nuovo anno è di riuscire a tenere in equilibrio le componenti della mia vita, quella familiare, quella lavorativa e quella politica, facendo in modo che l’una illumini e corregga l’altra. Nello stesso tempo vorrei che il linguaggio stesso della politica, oltre che la sua pratica quotidiana, venisse nutrito da altri linguaggi (quello della poesia, quello del pensiero) affinché non si insterilisca diventando parola vuota. L’ultimo augurio è che il mio agire sia efficace. Cambiare anche solo un poco un piccolo pezzo di mondo in meglio è cosa buona e giusta. 
Perché? «Servi inutiles sumus; quod debuimus facere, fecimus» 

lunedì 5 dicembre 2016

Noi, il popolo


A giugno - con il primo turno delle Amministrative - pensavo che fosse finito il giro sulle montagne russe iniziato a settembre dello scorso anno. Non sapevo che, dopo una brevissima pausa, ne sarebbe cominciato un altro, altrettanto entusiasmante ed estenuante. Nel primo caso si trattava di immaginare un futuro diverso per la città, nel secondo di difendere un “bene comune”, anzi: il “bene comune” per eccellenza, la Costituzione del 1948.
Per carità, nessuna visione sacrale, ma il rispetto per una sintesi mirabile di linfe politiche diverse, uscita dal fuoco e dal sangue della Resistenza. Rispetto. Quello che è mancato agli improvvisati riformatori strettisi intorno a Giorgio Napolitano e Matteo Renzi.
Negli incontri pubblici, nei post di questo blog e nel quotidiano confronto/scontro sulla piazza virtuale di Facebook ho cercato di argomentare le ragioni decise del mio no, confortate da grandi studiosi del Diritto Costituzionale come Zagrebelsky o il nostro Vincenzo Baldini (preziosissimo!).
Confesso di essere fisicamente e psicologicamente estenuato. Lo scontro è stato durissimo. In certi momenti mi sono chiesto se ne valesse la pena...


La notte tra il 4 e il 5 dicembre resterà scolpita nella mia memoria. Una festa della democrazia, l’emergere inatteso (lo confesso) di potenti anticorpi contro la post-democrazia che si voleva instaurare attraverso la Boschi-Renzi, l’affermazione di un principio di partecipazione attiva delle comunità locali contro il neo-centralismo.
Quanti giorni avremo per riposare, ristorare le forze? O, meglio, quante ore? Altra corsa, altro giro...  
Si apre una pagina nuova della storia italiana. Io sono orgoglioso di esserne un piccolo pezzo, in una piccola città del Sud. Sono orgoglioso di rappresentare il Movimento 5 Stelle, che ha difeso la Costituzione repubblicana, democratica e antifascista. Lo sono fino alle lacrime, che pure non si addicono ad un cinquantenne scafato.
Inutile fare previsioni: il «movimento reale» è troppo complesso. L’importante è aver rimesso in moto un processo di partecipazione. Il popolo dovrà essere sovrano nei prossimi mesi.
E dunque? Viva l’Italia, l’Italia del 4 dicembre, «l’Italia che resiste nella notte triste» (la lunga notte della politica sottomessa ai mercati), e, lucidamente, progetta un futuro diverso per i suoi giovani privi di speranza, i suoi disoccupati disperati e il suo territorio devastato.

P.S.


Consapevolmente politically incorrect dedico l’ombrello a quei tre o quattro fessacchiotti, pasdaran locali del Sì,  cani da guardia della controrivoluzione inutile, miracolati della politica, eterni lacchè proni ai poteri del momento: sono andati a sbattere rompendosi la testa (e non me ne duole affatto). Si erano illusi che infangare le persone, minacciare querele, irridere fosse fruttuoso. A loro il mio disprezzo. Massima stima per chi, nel campo avverso, invece, si è speso con argomenti e passione civile. La politica è scontro, ma si può riconoscere all'avversario leale l'onore delle armi. E io lo farò sempre.